Cucina: il Gastronomo educato vi mette a tavola con “Il nero di seppia”.
Ho notato che qualche lettore si è stupito per la mia osservazione sul fatto che anche il mare ha la stagionalità nei suoi prodotti.
In realtà è proprio così, a partire dalle ostriche che, secondo i francesi non si mangiano nei mesi senza la “r” (in francese sono i mesi di maggio, giugno, luglio e agosto). In questi mesi le ostriche sono nel periodo riproduttivo, cambiano di sapore e non hanno lo stesso gusto dei mesi autunnali, invernali e primaverili, incluso gennaio (che in francese porta la “r”).
Inoltre, quando non esistevano moderni sistemi di refrigerazione, era difficile mantenere fresche le ostriche durante il trasporto nei mesi estivi, e questo determinò addirittura un’ordinanza con la quale se ne proibiva il consumo per motivi igienici.
E per restare ai nostri mari, un ulteriore esempio è costituito, in questa stagione primaverile, dalle boghe (“opi” in siciliano).
Le boghe hanno un sapore un po’ selvatico, perché si nutrono prevalentemente di alghe, al pari delle salpe, altro pesce poco pregiato e dal sapore ancor più selvatico. Tuttavia le boghe in primavera cominciano a nutrirsi di gamberetti e piccoli crostacei che trovano sotto costa dove vengono a depositare le uova. Le loro carni diventano così meno stoppose, più grasse e perdono in gran parte il loro sapore di erba. Si prestano in tal modo ad essere cotte alla griglia con discreti risultati.
Ma veniamo alla ricetta promessa la volta scorso con il mollusco di cui trattiamo: la seppia e il famoso riso (o pasta) al nero di seppia.
Quand’ero giovane si mangiava quasi esclusivamente la pasta, e per l’esattezza gli spaghetti al nero di seppia, e si accompagnavano con ricotta salata.
A mio avviso la ricotta salata non andava e non va bene con il nero della seppia, perché aggiunge un sapore salato e forte ad un sapore già forte di suo. Io li mangiavo senza ricotta salata, rigorosamente vestito con la cosiddetta camicia sacrificale, da buttar via dopo la consumazione.
Il nero di seppia infatti, al pari del nero dei gelsi, macchia indelebilmente gli abiti. I raccoglitori di gelsi, nelle torridi estati catanesi, andavano ad effettuare la raccolta nelle prime ore del mattino vestiti semplicemente di un perizoma fatto con uno straccio bianco che veniva utilizzato più volte finché non diventava inservibile. E se si voleva evitare di macchiarsi indelebilmente gli abiti arrotolando gli spaghetti al nero di seppia occorreva munirsi di tovaglioloni rigorosamente annodati attorno al collo e che potessero ricoprire integralmente la pettorina del commensale.
Non so se fu per questo motivo che un noto ristoratore catanese introdusse l’uso del riso al posto degli spaghetti, ma la variante ebbe successo, anche per la presentazione del piatto che simulava il vulcano di Catania, l’Etna.
È la ricetta che vi propongo oggi, senza dimenticare che il nero di seppia va bene anche con la pasta.
Per 8 persone
Ingredienti:
2 cipolle rosse grandi oppure 8 cipollotti freschi;
500 grammi di seppie;
2 sacche di nero di seppia, come descritto nella ricetta precedente, oppure, fuori stagione, 6 bustine di nero di seppia (rendono meno e sono meno saporite e dense);
1 bicchiere di vino rosso;
400 grammi di passata di pomodoro;
2 cucchiai di concentrato di pomodoro;
6 cucchiai d’olio d’oliva;
sale q.b.;
400 grammi di ricotta fresca di pecora;
700 grammi di riso arborio o vialone nano o carnaroli.
Preparazione
In un tegame far soffriggere con 6 cucchiai di olio d’oliva le cipolle o i cipollotti
Aggiungere il concentrato di pomodoro e farlo soffriggere per un po’ aggiungendo mezzo bicchiere di vino rosso
Fare sfumare un po’ e aggiungere le seppie finemente tagliate a pezzi piccoli; fare evaporare l’acqua delle seppie e poi aggiungere l’altro mezzo bicchiere di vino rosso e la passata, portare a ebollizione e far cuocere a fuoco lento.
Quando le seppie sono cotte, aggiustare di sale e aggiungere le sacche (queste ultime vanno tagliate con delle forbici dentro il tegame) di nero di seppia.
Rimescolare, non far cuocere il nero e spegnere il fuoco quando è ben amalgamato.
A parte cuocere in acqua non troppo salata il riso (arborio o vialone nano), scolarlo e condirlo con il sugo di nero di seppia.
Presentazione
In un piatto da portata tondo oppure ovale, oppure in singoli piatti da servire individualmente, accomodare il riso già condito con il nero, dandogli la forma di un vulcano.
Guarnire la sommità con la ricotta appena diluita con un po’ d’acqua calda di cottura del riso e ben amalgamata
Ricoprire la ricotta con delle strisciate di salsa di pomodoro per simulare eruzioni sulla neve.
Accompagnare con un buon rosso.
Una nota pratica per finire.
Le sacche di nero di seppia non si possono congelare perché si addensano e rendono poco al momento dello scongelamento.
Se volete mangiare il nero di seppia più volte, anche a distanza di mesi, preparate grandi quantità di questa ricetta, poi versate il sugo al nero in vasetti di vetro, lasciando un paio di centimetri dal coperchio, e poneteli nel congelatore.
Si conserveranno per 3-4 mesi, garantendovi di gustare il vero nero di seppia anche fuori stagione!
Alla prossima!
Qui le ricette precedenti
Uno sposalizio in bianco-rosso-nero
Carciofi a spezzatino e in fricassea
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