L’opera del catanese Alfredo Lo Piero è nell’ultima fase di riprese. A breve il lavoro di post produzione.
“Quello che vediamo in televisione non è nulla rispetto alla realtà atroce con la quale ci si confronta a Lampedusa in ogni istante: è un’isola circondata da un mare di morte. Conosco chi non riesce più a fare il bagno perché emotivamente ferito, altri che finito il loro turno tolgono la divisa e tornano al largo per cercare di salvare altre vite umane e vivono anche la scelta spesso inevitabile di dover decidere tra tante braccia protese chi salvare subito col rischio di condannare a morte qualcun’altro”.
Alfredo Lo Piero è tornato da due settimane di ripresa nell’isola ed è molto provato.
Alfredo Lo Piero in mare durante le riprese
È autore, regista e produttore di “La libertà non può morire in mare”, un docufilm a tinte forti sull’orrore della migrazione dalle coste africane a quelle siciliane.
Catanese, fondatore della Scuola di cinema a Catania, Lo Piero, dopo diverse esperienze cinematografiche si cimenta in questo lungometraggio che è un vero e proprio film di denuncia.
“Ho sentito storie che mi hanno profondamente segnato: le sofferenze dei migranti sono indescrivibili, spesso il loro viaggio dura mesi perché prima di attraversare il deserto d’acqua devono superare quello di sabbia in condizioni di invivibilità. E poi arrivati nei centri da dove partono barche e gommoni alcuni, quelli delle etnie più povere, vengono torturati e uccisi per dare un segnale a coloro che, invece, possono spendere di più per avere un posto all’aperto, non nella stiva dove possono morire schiacciati o soffocati, come spesso è avvenuto”.
Oltre 650.000 migranti sono approdati a Lampedusa, circa 20.000 sono morti in vent’anni, tra questi 600 bambini da gennaio a ottobre di quest’anno.
Nel docufilm non c’è finzione, ma solo realtà esaltata dal direttore della fotografia Giuseppe Bennica, e dall’assistente operatore, Giovanni Romolo Flaccomio, immagini che saranno poi affidate al montatore Claudio Cutrì, premio David di Donatello, che ha già lavorato al pluripremiato “La mia Africa”.
I costumi sono stati curati dallo stilista Alfonso Zappulla, mentre per le location e gli allestimenti, ci si è avvalsi dello scenografo Mirko Miceli.
“Siamo stati adottati anche noi della troupe – spiega Lo Piero – sia in mare, dal comandante della Guardia costiera, Paolo Monaco, e dal tenente Fabio Bia della Guardia di Finanza e a terra dal volontariato che ha in Sabina Di Malta una risorsa inarrestabile. E grazie ai Carabinieri, al medico Pietro Bartolo, a tutti coloro che quotidianamente dimostrano che Lampedusa è terra di accoglienza e di generosità infinita. Un grazie di cuore alla giornalista Gabriella Virgillito, segretaria di produzione, e all’avvocatessa Antonietta Petrosino, responsabile Amnesty International di Catania”.
Dopo la fase di riprese a Lampedusa, la troupe riaccenderà le cineprese tra Palermo e Catania e in un centro di accoglienza dove saranno realizzate delle interviste inedite, nel massimo rispetto della privacy e della dignità personale dei migranti, molti dei quali sopravissuti alle stragi in mare.
Presto sarà iniziato il lavoro di post produzione; la colonna sonora sarà affidata agli autori e compositori Paolo Vivaldi e Matteo Musumeci; la voce narrante sarà quella di Leo Gullotta.
Il docufilm sarà pronto nei primi mesi del 2017, in tempo per partecipare ad alcuni concorsi internazionali e nazionali con un obiettivo: non vincere, ma scuotere le coscienze.